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Il purpose diventa azione

Dieci anni dopo Invertising, Paolo Iabichino firma la prefazione dell’ultimo libro di Philip Kotler Brand Activism, Hoepli Editore, in libreria dall’11 settembre

Il purpose diventa azione

Un aumento della Corporate Responsibility ha un impatto diretto sui guadagni di un’azienda e su altri importanti indicatori della performance aziendale. Un +5 punti della CR è correlato a un aumento dell’intenzione di acquisto dell’8%; un’advocacy del +7,4%; una capacità di resistenza alle crisi del +4,7%; un aumento della fiducia del 6% e un aumento della capacità di attrarre i talenti migliori del 5,1%.

Fonte: Stephen Hahn-Griffiths del Reputation Institute

Iabichino: “Il nuovo marketing deve saper contaminare tutte le funzioni aziendali, non solo quelle che riguardano la comunicazione e le pubbliche relazioni. E forse le istanze più urgenti non arriveranno dal mercato ma dalla società.”

Milano, 15 settembre 2020 - “Imprese, impegno, azioni, nuovi patti di relazione che trascendano le promesse della pubblicità per proporre nuovi modelli di mercato”. È il marketing che si trova ora davanti alla sfida più grande: quella dell’azione, “della presa di posizione di fronte alle tensioni più importanti della collettività”. È sempre il marketing che è chiamato a valutare “il costo del silenzio di fronte all’ingiustizia”, ed è chiamato a rispondere all’impegno concreto che la Generazione Z esige e pretende dai brand.

Parole e riflessioni di Paolo Iabichino, Direttore creativo e fondatore, insieme a Ipsos Italia, dell’Osservatorio Civic Brands, che dopo Invertising accompagnano idee e visioni di Brand Activism. Dal purpose all’azione (Hoepli 358 pp., euro 24,90), in libreria dall'11 settembre. Ultimo lavoro del "padre del marketing moderno” Philip Kotler, scritto a quattro mani insieme all’imprenditore Christian Sarkar, coinvolto in progetti non-profit, che ha fondato insieme a Kotler la community online "The Marketing Journal”.

Sono trascorsi dieci anni dalla pubblicazione di Invertising – scrive Iabichino nella prefazione – e forse oggi i tempi sono maturi per fare questo mestiere in maniera più consapevole. Se non altro perché oggi moltissimi sentono l’urgenza di alcune tensioni sociali e culturali che non possono più aspettare. Hanno fallito gli stati, i governi, le religioni, le ideologie. Brutto a dirsi ma è così. Imprenditori, amministratori delegati – di piccole, medie, grandi realtà – e manager possono agire per creare qualcosa di estremamente utile per piccole, medie o grandi comunità”.

Brand Activism è un libro “quanto mai urgente”, rileva ancora Iabichino, che arriva dopo la grande crisi dei subprime e a cavallo di quella prodotta dal Covid-19. Urgente “perché ci restituisce un modus operandi che non ha nulla di pretestuoso. Perché professionisti di lungo corso provano a indicare una direzione operativa, dove si può essere progressisti o regressivi, purché ci si assuma la piena responsabilità delle proprie azioni. Non c’è tempo da perdere – continua – la posta in gioco è davvero alta e non possiamo più permetterci oziose speculazioni intellettuali su questi argomenti. [...] Le premesse per scrivere nuove pagine di questo mestiere ci sono tutte”.

Brand Activism è un saggio da leggere alla luce delle più recenti opere di Kotler dedicate al capitalismo, alla crisi della democrazia e al bene comune, che si ricollegano alle radici della sua formazione come economista politico che, di fatto, lo ha visto attraversare tutta la teoria economica, dalla scuola di Chicago di Milton Friedman all’impostazione neo-keynesiana di Robert Solow. E al tempo stesso si tratta di un saggio che Kotler, alla soglia dei 90 anni, compone alla luce della sua esperienza diretta, delle evoluzioni recenti della politica e della società, insieme alle preoccupazioni per le sorti del genere umano e del pianeta.

Un’opera che sembra in qualche modo collocarsi al termine di quella corsa sfrenata che è stato il marketing figlio del grande boom economico. Ed è, al tempo stesso, un contributo che si pone verso il lettore come il risultato delle analisi di Kotler sulle citate relazioni tra marketing, società, democrazia e bene comune, offrendo un repertorio di risorse e strumenti diversificati, che si integrano l’un l’altro.

Il primo è l’insieme di riflessioni e definizioni che aprono il volume, chiamando subito in causa il lettore, coinvolto direttamente con una serie di domande sui processi di funzione e organizzazione dell’impresa. Il secondo strumento è l’insieme di risorse tecnico-analitiche offerto a chi voglia elaborare una strategia solida ed efficace di brand activism.

A chiudere significativamente il volume è il Capitolo 10, intitolato “Voci dal fronte”, con interviste a manager come Hanneke Faber – Presidente Foods & Refreshment di Unilever, Anjana Das – Founder di White Champa, Hennie Botes – Founder di Moladi, Hazel Henderson – fondatrice di Ethical Markets Media, LLC, impresa certificata B-Corp, ma anche accademici, responsabili di organizzazioni e Chief Reputation Officer come Stephen Hahn-Griffiths che presso il Reputation Institute dimostra con i dati come un aumento della Corporate Responsibility abbia un impatto diretto sui guadagni di un’azienda e su altri importanti indicatori della performance aziendale. Per esempio: “un aumento di 5 punti della CR è correlato a un aumento dell’intenzione di acquisto dell’8%; un aumento dell’advocacy del 7,4%; un aumento della capacità di resistenza alle crisi del 4,7%; un aumento della fiducia del 6% e un aumento della capacità di attrarre i talenti migliori del 5,1%”.

Oggi che tutto si misura secondo logiche di profitto, le buone pratiche possono essere meno romantiche ma non per questo meno urgenti. In queste pagine il purpose assume un connotato operativo. Diventa piano strategico e operativo per agire sulla società”, nota Iabichino. Pagine che inoltre contribuiscono a riposizionare le imprese nel tessuto sociale, inquadrando le loro azioni rispetto all’evoluzione del capitalismo e alle loro relazioni con la democrazia e il bene comune.

Per me si fa politica in ogni momento della vita: quello che mangiamo è politica, come trattiamo gli animali è politica, la natura è politica. Anche i nostri vestiti lo sono. Perfino la spazzatura è politica”. Iabichino apre la sua prefazione con la citazione del Premio Nobel per la letteratura nel 2019 Olga Tokarczuk e la chiude con le parole dell’imperatore Marco Aurelio: “Ciò che non giova all’alveare non giova neppure all’ape”. Quasi a sottolineare quanto emerge dalle parole di Peter Drucker, padre del management moderno, che Kotler e Sarkar citano significativamente in apertura del primo capitolo: “Un’istituzione come un individuo, non è un’isola a sé stante. Deve risolvere il problema fondamentale di bilanciare il bisogno di concentrazione e di autolimitazione con la preoccupazione per l’ambiente e la sollecitudine per la comunità”.

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Caricato il 10/09/2020

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