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Investire in startup e competenze digitali, aprirsi all’esterno, stimolare processi creativi: così le imprese Energy cavalcheranno l’innovazione

Energy&Strategy Group Politecnico di Milano, primo Energy Innovation Report 2019

Investire in startup e competenze digitali, aprirsi all’esterno, stimolare processi creativi: così le imprese Energy cavalcheranno l’innovazione

Il settore presenta molte contraddizioni: in Europa solo il 10% delle aziende dell’energia investe in R&S, eppure il 2018 è stato un anno record per i brevetti, che hanno raggiunto quota 1000. Anche gli investimenti in startup innovative realizzati at­traverso fondi di Corporate Venture Ca­pital sono in crescita (769 milioni di dolla­ri nel 2018,+31%), ma rappresentano ancora una quota limitata e solo il 3% coinvolge imprese italiane.

 

Milano, 10 luglio 2019 – Nuove tecnologie digitali e modelli di business inediti of­frono grandi opportunità di rinnovamento alle imprese Energy che vogliano rafforzare il proprio vantaggio competitivo, ma comportano anche sfi­de notevoli legate allo svilup­po di strategie capaci di far leva sull’innovazione. Per anticipare e cavalcare i nuovi trend tecnologici, sem­pre più repentini e imprevedibili, e cre­are nuovo valore per i clienti, le impre­se dell’energia devono dunque aprirsi alle idee esterne, fare leva su risorse e conoscenze detenute da startup innovative, acquisire competenze digitali e stimolare processi creativi. Di questo si occupa la prima edizione dell’Energy Innovation Report dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, presentato oggi, che mette in luce la complessità della sfida.

“In Europa solo il 10% delle aziende che si occupano di generazione, distribuzione e vendita di energia investe in Ricerca e Svi­luppo, ma allo stesso tempo il 2018 ha fatto segnare un record di quasi 1.000 brevetti registrati dalle imprese del set­tore - commenta Vittorio Chiesa, Direttore dell’Energy&Strategy Group -. La chiave per comprendere questi dati apparentemente contraddittori è la crescente apertura all’esterno dei processi di innovazione, che si con­cretizza in investimenti in startup, acquisizione di digital skills, adozione di pratiche che fanno riferimento all’Open Innovation e al Design Thin­king, al fine di stimolare la creatività e speri­mentare nuovi modelli di business. Lo studio mostra inoltre che l’innovazione non è più appannaggio esclusivo delle grandi imprese molto radicate nel mercato, anzi, PMI e startup stanno acqui­sendo un ruolo sempre più centrale grazie alla loro flessibilità e agilità nel governare il cambiamento. È per questo che il successo dell’innovazione dipende in primo luogo dalla collabo­razione tra grandi e piccole imprese”.

A riprova di ciò, in Europa gli investimenti in startup innovative realizzati da imprese dell’energia at­traverso fondi di Corporate Venture Ca­pital hanno raggiunto nel 2018 i 769 milioni di dolla­ri (+31% sul 2017), un dato certamente significativo, ma relativamente limitato se si consi­dera che le 14 principali imprese specializzate nella fornitura di tecnolo­gie per il settore energetico ne hanno investiti 1,2 miliardi, il doppio rispetto all’intero settore dell’energia in senso stretto.

Inoltre, mentre l’Europa si sta muovendo a tassi di crescita importanti, solo il 3% degli investimenti in startup sono realizzati da imprese italiane. Allo stesso modo, le startup inno­vative italiane rappresentano solo l’1% dei target di investimenti di Corpo­rate Venture Capital a livello europeo: la classifica è guidata da paesi come Germania, Francia e Regno Unito, le cui startup catturano il 33% degli in­vestimenti totali in Europa.

Non mancano tuttavia segnali positivi: in Italia, quasi il 90% delle imprese dell’energia sta investendo significativamente nell’acqui­sizione e sviluppo di competenze digi­tali e il 67% di esse ha creato un budget per le attività di Open Innovation, molto spesso in concomi­tanza con la costituzione di una struttura organizzativa dedicata all’acquisizione di idee e conoscenze al di fuori del perime­tro aziendale. In quanto all’adozione delle metodologie di Design Thinking, il settore dell’energia è secondo solo alle grandi istituzioni fi­nanziarie ed assicurative.

Il Report si concentra dunque su quattro temi oggi centrali nelle strategie di innovazio­ne delle imprese Energy: gli in­vestimenti di Corporate Venture Capital nel capitale di startup ad alto contenuto tecnologico, le digital skills più ricercate, le pratiche di Open Innovation e le metodologie di Design Thinking messe in atto.


Le strategie di Ricerca e Sviluppo delle imprese Energy

Sono stati analizzati gli investimenti in R&S di 878 imprese del set­tore Energy in Europa, tra il 2009 e il 2018: sono risultati nettamente in riduzione, specialmente tra le grandi aziende (oggi solo il 10% investe, dieci anni fa era il 25%), mentre tra le PMI si è verificato il fenomeno opposto. Allo stesso tempo, tuttavia, si sono registrati complessivamente più di 1.000 brevetti tra il 2017 ed il 2018. Le im­prese investono maggiormente in ricerca e sviluppo quando devono fare i conti con performance nega­tive; tuttavia, ciò non sempre porta a un miglioramento in termini di ROA (Return on Assets) nel breve-medio ter­mine.

I principali trend tecnologici

Lo studio ha identificato 14 trend tecnologici significati­vi per il settore, divisi in tre gruppi: tecnologie emergenti ad alto im­patto nel lungo periodo (Blockchain, Cybersecurity, Cloud Computing, Energy Storage); tecnologie in fase di sviluppo e ad alto impatto nel medio periodo (Arti­ficial Intelligence & Machine Learning, Big Data & Analytics, Electric Mobili­ty, Internet of Things & Connectivity, Smart Grid & Demand-Response); mediamente mature con impatti incrementali nel bre­ve-medio periodo (3D Printing, Augmen­ted & Virtual Reality, Energy Efficiency, Re­newable Energies, Robotics & Drones).

Infine, grazie al coinvolgimento di un pa­nel di esperti, è stata delineata un’agenda strategica per i manager del settore, iden­tificando tre principali trend: “urgenti”, ossia Robotica e Dro­ni, E-Mobility e Augmented & Virtual Reality, per i quali si prevedono forti impatti sul modello di business nel breve periodo; “emergenti”, cioè Cloud Computing, Big Data, Renewable Energies e 3D Printing, che rappresentano una scommessa; “strategici”, ossia Blockchain, Internet of Things, Artificial Intelligence & Machine Learning, Energy Efficiency, Smart Grid & Demand-Response, Cyberse­curity e Energy Storage, che non sono ancora assolutamente centrali nelle strategie e nel core business delle imprese Ener­gy ma che lo diventeranno nel lungo periodo.


Trend e caratteristiche principali degli investimenti di CVC

Il Corporate Venture Capital (CVC) è uno strumento di finanza imprenditoria­le attraverso cui le imprese investono nel capitale di startup innovative, general­mente con quote di minoranza. Gli inve­stimenti di CVC hanno obiettivi strategi­ci, come il presidio e lo sviluppo di nuove tecnologie o nuovi modelli di business. Lo studio analizza tutti gli investimenti di CVC effettuati dal 2010 al febbraio 2019 dalle imprese Energy europee (113, per 271 investimenti) e i fornitori di tecnologia per la filiera dell’energia (14, per 272 investimenti).

Il CVC nell’Energy cresce ogni anno del 30-40% a partire dal 2017, raggiungendo i 769 milioni di dollari di inve­stimenti in startup innovative nel 2018. Un trend importante, ma comunque an­cora agli albori. Il 24% delle imprese Energy af­fronta l’investimento da solo, mentre il 45% preferisce farlo in partnership con enti finanziari, il 15% con altre im­prese e il 15% for­mando un gruppo di investitori misto. In merito alle strategie di investimento, il 41% degli investimenti sono fina­lizzati a sostenere e sviluppare il proprio core business, mentre quelli delle restanti imprese mirano a entrare in contatto con tec­nologie o innovazioni complementari alle proprie. Solo il 2% degli investimenti considerati è di natura prevalentemen­te finanziaria. Due terzi degli investi­menti riguardano startup europee (in particolare tedesche, francesi e inglesi), mentre i fornitori di tec­nologia investono in maniera più marcata negli Stati Uniti, Germania e Israele. Le startup italiane re­stano largamente escluse dal fenomeno, rappresentando solo l'1% degli investi­menti.

 

Gli ambiti di innovazione delle startup oggetto di investimenti di CVC

Ma su cosa lavorano le startup oggetto degli investimenti? Il 29% delle imprese Energy ha investito, a partire dal 2010, in startup legate alle rinnovabili, mentre il 16% in servizi di energy management e gestione delle smart grid. Si nota però un trend crescente verso tecnologie e soluzioni di Smart Building, Smart Grid & Ener­gy e Smart Mobility, Industrial Analytics e Cybersecurity.

Tra i fornitori di tec­nologia invece c’è più eterogeneità: il 13% e 14% degli investi­menti sono andati a startup legate all’Industrial Analytics e alla Cyber­security. L’attenzione di queste im­prese è diminuita nei confronti di Renewable Energies, Smart Grid & Energy e Smart Building, mentre sta crescendo verso la Smart Mobility.


Digital skills: lo sviluppo e la gestione delle competenze digitali

Le imprese sentono sempre più l’esigenza di svi­luppare competenze digitali per pro­muovere un profondo cambiamento nei loro processi operativi e modelli di business. Ma quali sono le digital skills più rilevanti per il mondo Ener­gy? Le più ricercate sono Digi­tal Awareness, Agile Working, Cloud Computing, Big Data e Cybersecurity.

Le digital skills inerenti alla tecnolo­gia Blockchain risultano attualmente le meno interessanti, con la prospettiva di un forte sviluppo in futuro, secondo i manager intervistati. Si conferma, inoltre, l’im­portanza di affrontare la trasforma­zione digitale con un corretto mix di “soft” e “hard” skills. Le soft digital skills sono quelle per cui è prevista la maggiore crescita, specialmen­te Virtual Communication e Customer Journey. Tra le hard spiccano Big Data e Blockchain.

Quanto alla capacità delle imprese di affrontare la sfida digitale, è stato sviluppato un indice, chiamato Digital Capability Index. Il primo componente, il Digital Commitment, ossia la propensio­ne da parte del top management ad accettare rischi per guidare la trasforma­zione digitale, è mediamen­te alto, con il 26% di imprese che indica un forte supporto da parte dei manager e solo l’8% che lamenta una decisa avversione. Il secondo componente, Digital Framing, segnala come il 50% delle imprese valuti la trasformazione digitale come un’opportunità, mentre appena il 5% pensa che porterà ad un peggioramento della situazione aziendale. Il terzo componente, Digital Integration, evidenzia che, secondo il 27% dei mana­ger intervistati, c’è un alto livello di condivisione della co­noscenza sulle digital skills nella propria azienda, mentre solo il 12% dei rispondenti lo giudica scarso.


La diffusione e l’impatto delle pratiche di Open Innovation

L’Open Innovation si fonda sull’idea che le imprese debbano utilizzare idee esterne ed interne, e percorsi di mercato interni ed esterni, per sviluppare innovazione. Ad oggi, l’adozione del­le pratiche di Open Innovation nelle imprese Energy mostra una particolare attenzione allo scouting di startup, messo in atto dal 53% delle aziende oggetto della survey, agli accordi di joint development e al ricorso a fornitori di servizi di R&S e innovazione, rispettivamente 42% e 41%. Meno del 10% degli intervistati ha utilizzato piattaforme digitali per Open Innovation.

 

L’Open Innovation Capability Index - L'Open Innovation Capability Index misura il livello di capacità maturata dalle imprese nell’adottare efficace­mente una o più pratiche di Open In­novation e si articola in quattro dimensioni: struttura, cultura, orientamento strategico, collaborazioni. La dimensione culturale è fondamen­tale, essa riguarda il mindset delle persone e la predi­sposizione organizzativa a considera­re, accettare e assorbire le idee e la conoscenza provenienti dall’esterno: il 59% delle imprese Energy italiane si ritengono molto propense a farlo, a fronte di un 7% sostanzialmente chiuse; le imprese più piccole risultano decisa­mente più aperte. Quanto all’orientamento strategico, nel 38% dei casi l’Open Innovation è stata adottata per identificare e sfrut­tare nuove opportunità di business, nel 31% come strategia per acquisire asset e competenze non disponibili nei confini dell’azienda.

Infine, l’Open Innovation richiede la col­laborazione con un ampio ventaglio di attori, tra cui fornitori, clienti, universi­tà, consulenti, fornitori di servizi di R&S e innovazione, centri di ricerca privati e pubblici, competitor. L’analisi mostra due cluster principali di partner esterni: il primo è composto da fornitori, clienti, università e consulenti, maggiormente coinvolti in iniziative di Open Innovation; il secondo, formato da fornitori di servizi di R&S e innovazione, centri di ricerca privati e pubblici, competitor, è caratteriz­zato da relazioni meno frequenti. La grande maggioranza delle impre­se intervistate punta a interagire con un am­pio e diversificato ventaglio di attori ma in maniera occasionale, mentre chi registra un’alta frequenza di col­laborazioni tende a focalizzarsi su pochi partner esterni.


Design Thinking: l’adozione di tool per abilitare creatività e innovazione

Tradizionalmente, nei progetti di inno­vazione il business viene visto come scopo ultimo del progetto, la tecnologia è il driver abili­tante e le persone sono un mezzo per rag­giungere il successo. L’approccio Design Thinking ribalta questa struttura di pensiero: le persone diventano lo scopo ultimo del progetto, la tecnologia è il mezzo per raggiungerlo e il business è visto come conseguenza del processo.

In Italia, nel campione analizzato, il 55% delle aziende adotta il Design Thinking; tra le imprese Energy la percentuale sale a 59% e in esse questo tipo di approccio rappresenta il 31,9% del budget dedicato all’innovazione, benché sia forte la tendenza ad applicare metodi con­solidati di Creative Problem Solving, con una minore propensione ad adot­tare metodologia più innovative quali Sprint Execution, Creative Confidence ed Innovation of Meaning.

In generale, il Design Thinking sta evolvendo da approccio per risol­vere problemi a metodologia per produrre soluzioni per prodotti/servizi innovativi (Sprint Execution), ingaggia­re le persone in modo diffuso (Creative Confidence) e immaginare nuove vi­sioni (Innovation of Meaning). L’obiettivo principale delle metodolo­gie di Design Thinking da parte delle imprese Energy è quello di progettare nuove esperienze per i clienti.

 

 

Ufficio stampa School of Management Politecnico di Milano: d’I comunicazione

Stefania Vicentini - mob 335 5613180 - sv@dicomunicazione.it

Marco Puelli - mob 320 1144691 - mp@dicomunicazione.it

Caricato il 10/07/2019

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