Fifth Beat

La seconda giornata del Beat Camp, la conferenza internazionale dedicata al mondo del design organizzata da Fifth Beat

La seconda giornata del Beat Camp, la conferenza internazionale dedicata al mondo del design organizzata da Fifth Beat 


Jeremy Yun, Emily Webber e Domenico Polimeno ospiti della seconda edizione del Beat Camp per parlare di come dare forma alla cultura aziendale tramite la collaborazione e la condivisione delle conoscenze



Roma, 24 gennaio 2022 - Anche la seconda giornata del Beat Camp, la conferenza internazionale dedicata al mondo del design organizzata da Fifth Beat, studio di design indipendente co-fondato dall’attuale CEO Raffaele Boiano nel 2014, ha avuto come filo conduttore lo “Shaping companies’ culture through collaboration and knowledge sharing”, ovvero come dare forma alla cultura aziendale tramite la collaborazione e la condivisione delle conoscenze.

Dopo la prima giornata che ha visto come ospiti Daniel Szuc e Josephine Wong,  co-founder di Apogee Asia e di Make Meaningful Work, Luciana De Laurentiis, Head of Corporate Culture & Inclusion di Fastweb, Emanuela Damiani, Design Manager di Mozilla Firefox, nella seconda giornata sono intervenuti: Jeremy Yun, Senior interaction designer per Government Digital Service (GDS), Emily Webber, Agile delivery and digital transformation consultant, coach and trainer per Tacit London, e Domenico Polimeno, Digital Transformation Manager di Unindustria Reggio Emilia.

“Due giornate che avevano l’ambizione di dare ispirazione agli appassionati di design, ma non solo. Il Beat Camp, alla sua seconda edizione, vuole dimostrare che i designer sono una comunità aperta anche ad altre professionalità che, giorno dopo giorno, coltivano e sviluppano la mentalità tipica del mondo del design” afferma Raffaele Boiano, CEO & Co-Founder di Fifth Beat. “La tematica scelta per l’edizione 2021 si è concentrata su come dare forma alla cultura aziendale tramite la collaborazione e la condivisione delle conoscenze, un argomento che ha dato vita ad una conversazione che, pezzo per pezzo, ha unito tasselli ed esperienze di diversi professionisti uniti nel diffondere il messaggio, da qualunque parte si provenga”.

In sintesi gli interventi della seconda giornata del Beat Camp:

I Design Crits: una modalità di condivisione dei feedback sul posto di lavoro
Jeremy Yun, Senior interaction designer per Government Digital Service (GDS) UK, ha raccontato dell’importanza dei feedback attraverso i cosiddetti Design Crits. Si tratta di una modalità di condivisione di riflessioni sul lavoro in corso utile a costruire una comprensione che sia universalmente condivisa, a fornire punti di vista innovativi e freschi, ad imparare a fare realmente user-centered design e a lavorare, come in questo caso, in diverse aree del settore pubblico. Forte della propria esperienza nei servizi governativi con un team di oltre 3000 persone, Jeremy si è poi soffermato su come i feedback debbano essere apportati per poter essere costruttivi e agevolare l’apprendimento: devono essere specifici, in modo da poter spiegare il ragionamento alla base supportato da esempi;  devono avere un tono che sia il più oggettivo possibile, evitando le opinioni personali e proponendo delle alternative; la valutazione deve essere fatta al lavoro e non alla persona, motivo per cui il linguaggio ha un ruolo chiave nell’evitare possibili fraintendimenti; il feedback deve essere esaustivo, ma allo stesso tempo comprendere uno spazio di riflessione autonomo da parte di chi lo ha ricevuto; infine, il riscontro, per poter essere assimilato, va esplicitato attraverso la stesura di appunti, che riportano ciò che è stato detto e le ragioni. 
La visione dell’intervento completo è disponibile a questo link.

 

Abbattere i silos con le comunità di pratica
Emily Webber, Agile delivery and digital transformation consultant, coach and trainer per Tacit London, si è focalizzata sulle comunità di pratica, con le quali si intendono gruppi di persone che condividono la passione per qualcosa che fanno e che, grazie ad una regolare interazione, imparano a farlo meglio. Spesso, come evidenziato da Emily, nelle organizzazioni esiste la tendenza a creare dei team multidisciplinari che seguono dei programmi specifici. È il primo passo verso la formazione di veri e propri silos, dove le persone si allontanano le une dalle altre e dove persiste l’impossibilità di rimbalzare le proprie idee e poter imparare dal confronto con i colleghi. Per questo motivo, riunire le persone attraverso qualcosa come una comunità di pratica aiuta davvero a supportarle affinché diano il meglio di sé. Infatti, i benefici riscontrati comprendono, primo fra tutti, un aumento della fiducia e della motivazione. Quindi, la rete di supporto: è fondamentale avere una rete di fiducia tra i membri e senza questa è solo un gruppo di persone. Quando gli individui non si sentono legati agli altri, non condividono valori e si sentono soli, performano meno e non riescono a condividere le proprie idee. Secondariamente, le comunità di pratica aiutano le persone ad apprendere e sviluppare competenze, tramite l’interazione continua che si instaura tra esse. Si condividono le conoscenze esplicite, ovvero quelle visibili e facili da catturare, e le conoscenze implicite, quelle che vivono  all'interno della cultura e nel modo in cui le persone fanno cose. Infine, aiutano ad agevolare la collaborazione, evitando la duplicazione dei lavori e portando a cambiamenti più grandi, che da soli non riusciremmo a compiere.

La visione dell’intervento completo è disponibile a questo link.

La creazione di spazi condivisi 
Domenico Polimeno, Digital Transformation Manager di Unindustria Reggio Emilia, ha raccontato di come, durante il suo percorso professionale, sia stato fondamentale comprendere come un Holding Space, un concetto tipico del mondo dello spettacolo, sia di aiuto nel trovare dei punti di incontro. Infatti, si tratta di una nozione che abbraccia l’idea di poter creare uno spazio condiviso che, applicato in ambito lavorativo, si rivela efficace nel comprendere il perimetro in cui i singoli si muovono e poter osservare da vicino i contributi di ognuno. . Per occupare in modo ottimale gli spazi e trovare punti di incontro, Domenico ha rilevato l’importanza del lavoro su se stessi, e del continuo bisogno di imparare dai propri errori. Inoltre, poter mettere per iscritto ed esplicitare i propri valori e missioni aziendali, si rivela un modo per produrre conoscenza per tutti coloro che non solo fanno già parte del team di lavoro, ma anche per chi vorrebbe farne parte. 
La visione dell’intervento completo è disponibile a questo link.

 

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Fifth Beat
Fifth Beat è lo studio di design indipendente co-fondato dall’attuale CEO Raffaele Boiano nel 2014. Nasce con l’obiettivo di ottimizzare, trasformare e innovare prodotti e servizi a partire dai bisogni e dalle necessità delle persone che li useranno. Oggi Fifth Beat si occupa con cura di User Research, User Experience e User Interface Design, Organization e Business Design. Alla base della progettazione e dell’implementazione ci sono metodi e tecniche di ricerca antropologico-sociologica, soprattutto qualitativa, che consentono di innestare processi di innovazione continua all’interno delle organizzazioni che scelgono Fifth Beat per centrare i loro obiettivi di business.

Grazie a questo approccio empatico tra tecnologia e persone, Fifth Beat vanta, tra gli altri, clienti del calibro di Luxottica, RAI, Zanichelli, Teamsystem, Fastweb, Sorgenia, Brunello Cucinelli.

Per maggiori informazioni: https://fifthbeat.com/

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Caricato il 24/01/2022

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