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Sostenibilità e social responsability: i contenuti dei brand di moda possono orientare la società verso questi valori?

Sostenibilità e social responsability: i contenuti dei brand di moda possono orientare la società verso questi valori? 

 

Riflessione di Raffaella Pierpaoli - Head of Content and Social di intarget


 

Il 2020 ha indubbiamente messo a dura prova il fashion business, ricordandolo come l’anno che ha cambiato gli assetti del sistema moda.  Ho iniziato allora ad osservare come sta cambiando il modo in cui la moda si relaziona con il suo pubblico.

La strategia dell’assenza di Bottega Veneta dal mondo social che ha disattivato i suoi profili Instagram, Twitter e Facebook - ha creato un susseguirsi di domande polarizzate verso le strategie social e digital dei grandi brand, post pandemia. 
Da un lato i marchi che hanno puntato sulla strategia del coinvolgimento degli utenti investendo maggiormente sulla propria comunicazione online, sia su canali tradizionali che in piattaforme molto amate dalla Generazione Z come TikTok e Twitch; per non parlare del gaming, altro universo che si sta inserendo nella comunicazione del settore, di cui sono già ambasciatori nomi come Gucci, Valentino, GCDS, Balenciaga e molti altri. 

In contrapposizione, troviamo chi vuole staccarsi dalla massa degli utenti, un ritorno all'offline. Abbiamo già citato Bottega Veneta, Chanel conferma invece la scelta di non vendere più attraverso l’e-commerce anche dopo un anno in cui i negozi sono stati per la maggior parte del tempo chiusi.

Sono sempre stata catturata dall’espressività della moda, da come essa allo stesso tempo assorbe le tendenze della società, le rielabora e le restituisce traducendole in Fashion Show. Le scelte del fashion system in termini di inclusività e di gender, l'idea di visione della donna o dell'uomo, del corpo influenzano la visione che società avrà di questi temi. In questo senso la moda crea cultura oltre che stupore, magia, bellezza, arte, creatività.

Fino alla pandemia tutto ciò è restato però una magia riservata ancora a pochi.

Dopo, dati i vincoli imposti dalla pandemia, la moda ha utilizzato la sua capacità creativa per trasformare i tradizionali 8 minuti a porte chiuse in spettacoli veri e propri che hanno unito moda, teatro, spettacolo, promozione del territorio (Dior e YSL, ad esempio). E sono stati trasmessi in streaming in chiaro. Una rivoluzione copernicana. 

E, con una certa sorpresa, abbiamo scoperto che tutto può avvenire senza che venga snaturata l’identità di brand o che venga intaccato il posizionamento dei brand nella fascia lusso.

La moda è cultura, dicevamo. La moda si apre, dialoga su piattaforme nuove raggiungendo un pubblico sempre più ampio, diffondendo una visione della società e contribuendo a definirne i valori. 

Ma la moda è consapevole del ruolo che riveste nella società?

Anche tralasciando i casi più noti di impegno e scelte sociali molto nette, sembra proprio di si. Si stanno moltiplicando i casi di brand che scelgono di usare i nuovi media per interagire con il proprio pubblico anzichè, come tradizione, come mezzo di comunicazione 1 to many.  

Lo dimostra l’approccio alla strategia del coinvolgimento degli utenti, messa in atto per esempio da Miuccia Prada e Raf Simons, dialogando con i loro follower attraverso question & answer, con Balenciaga che ha prodotto meme, provando a svestirsi dal ruolo di account istituzionale e imporsi invece tra i favoriti nel feed dei suoi follower 

H&M Group sembra fare un passo in avanti ulteriore proponendo ai proprio clienti un “abbonamento”, che il sapore di una scelta di "investimento" dei clienti nei brand in cui credono.

Siamo quindi entrati in una nuova era digitale della moda? Quella delle sfilate in streaming, delle question & answer e della definizione dello stile che passa attraverso i social e il gaming, e contribuisce alla narrazione si se stessa accettando il confronto con il proprio pubblico?

Oggi, nella comunicazione social dei Brand è entrato a pieno titolo, finalmente, anche il valore della responsabilità rispetto a ciò che si acquista, tema che inizia a diventare importante non solo per le élites: il consumatore cerca conferme rispetto all'affidabilità della filiera produttiva e si rivolge a brand di cui si fida.  Come per es Cucinelli, Lardini. E si accompagna alla scoperta (anche grazie ai social) e riscoperta di piccole case di moda e produttori di qualità.

Le fiducia dei consumatori ha un ruolo fondamentale nell’influenzare i comportamenti delle imprese, infatti negli ultimi anni e sempre di più negli ultimi mesi, sta crescendo tra i consumatori una “coscienza sostenibile”. La fiducia sembra essere il driver dei processi d’acquisto, fiducia che oggi vince sul desiderio di convenienza e bypassa la fedeltà alla marca; la fiducia è spesso abbinata alla fedeltà, che sia alle persone o a una marca, e la mancanza della prima mette in serio pericolo la seconda.

Gli elementi che ispirano più fiducia, sono sostenibilità e trasparenza. Importante è anche quanto i valori di un brand si specchiano in quelli del consumatore, quanto gli “assomiglia”.

Ma torna anche la consapevolezza del marchio stesso.
Protagonista di questo inizio 2021 è senza dubbio la sostenibilità, molti i marchi più attenti verso i valori etici e sostenibili. 

La consapevolezza di questa situazione ha fatto sì che sorgessero dibattiti circa i temi di sustainability e social responsibility da parte del settore moda interrogandosi sul modo con cui indirizzare le aziende verso una maggiore attenzione alla salvaguardia dell’ambiente.

La Copenaghen Fashion Week, il biennale appuntamento con i designer del Nord Europa, ha messo al centro anche nell'edizione dal 2 al 4 febbraio la moda sostenibile proponendo di mostrare in passerella proprio i cambiamenti positivi in atto nella fashion industry.

Una storia di sostenibilità e moda circolare che mi ha colpito è quella di Clothest* una piattaforma di ecommerce no-profit di abiti e accessori second-hand di alta moda, realtà nata dalla volontà di un gruppo di giovani, nel 2015 all'interno delle mura della Casa Famiglia Caritas di Montevarchi, per aiutare le persone accolte nella Casa Famiglia. Questo progetto, promuove la moda circolare, con la missione di dare un compito più nobile al vestito rendendolo il veicolo di un cambiamento positivo che impatti sulla realtà circostante e che promuova la cultura della sostenibilità. Da poche settimane ha creato The Clother* un magazine in cui si raccontano le storie più belle provenienti dal mondo della moda alle prese con la sfida della sostenibilità e dell’economia circolare.

Ecco il ritorno alla qualità e alla durata dei capi.

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intarget è il partner per la consulenza strategica nel marketing digitale. Nata a Pisa nel 2001, conta oggi tre ulteriori sedi a Milano, Lugano e Shanghai. Da quasi vent’anni accompagna le imprese nella loro evoluzione e nella continua trasformazione della comunicazione online, costruendo strategie di marca efficaci e misurabili. Grazie ad un team internazionale composto da più di 140 professionisti, intarget supporta brand nazionali e internazionali in un percorso verso la piena maturità digitale, sfruttando al massimo le potenzialità offerte dal marketing digitale e progettando soluzioni tecnologiche innovative per raggiungere gli obiettivi prefissati e incrementare le performance. L'ecosistema si compone di quattro Business Unit integrate: in:target per la consulenza strategica verso i brand su attività cross-media e cross-country atte a coprire l'intero consumer journey.in:tech per la consulenza su temi di implementazione di infrastrutture  tecnologiche e piattaforme avanzate applicate al marketing. in:studios per l'ideazione e la creazione di contenuti video, photography, motion graphics, 3d & postproduction.in:ux per la progettazione della User Experience e del design come driver di performance adeguando le interfacce delle properties digitali ai bisogni delle audience.

 

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Uploaded on 22/03/2021

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