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IL TEMPO SOSPESO: OPERE DI SERGIO SCABAR
Il tempo sospeso: Opere di Sergio Scabar
di Angela Madesani (Curatrice della mostra)
Questa, ideata da Fabio Castelli e da me curata, è la prima mostra a Milano, dedicata a Sergio Scabar, dopo la sua scomparsa, nel 2019. Le sue opere in mostra, tra le ultime realizzate, sono dei teatrini di oggetti, vasi, libri, ciotole, piccoli pezzi di legno e molto altro. Tutto appartiene alla sua dimensione domestica, come nelle opere di Giorgio Morandi, artista amatissimo.
Le foto dai toni bassi sono frutto di una stampa alchemica realizzata dall’artista stesso, in bianco e nero, su carta baritata, e quindi poste all’interno di cornici nere, senza vetro né passepartout. Tutti pezzi unici. Dell’unicità del suo lavoro è parte anche la cornice, momento fondamentale, che attribuisce di volta in volta un senso diverso alle cose.
Le sue opere richiedono un tempo lungo di visione, in contrasto con il sempre più diffuso consumismo visivo. La volontà di Scabar era quella di giungere all’essenza dei fenomeni. Il suo immaginario personale si fa collettivo proprio attraverso la creazione delle opere, prodotte con la parsimonia di coloro che amano riflettere, consumati dall’ossessione di quanto stanno facendo. La prima volta che sono andata nel suo studio, a Ronchi dei Legionari, sono rimasta colpita dal suo rapporto con ogni singolo lavoro. Ognuno di essi era avvolto in un panno nero morbidissimo. Sergio li trattava come dei bambini che non dovevano prendere né luce, né freddo.
Scabar è - uso volutamente il presente - un artista difficilmente collocabile in un ambito ristretto, sarebbe una coercizione priva di utilità. Il legame con quelli che Scabar considerava i suoi maestri era di natura spirituale, più che formale. Ognuno dei suoi lavori è portatore di un’aura, che ne determina l’unicità, la non banalità per quello che rappresenta all’interno della sua storia. Le sue non sono narrazioni, l’artista ha, piuttosto, bloccato degli oggetti nel tempo, li ha sospesi. I suoi sono still life nel senso più corretto del termine e non nature morte.
Nelle sue opere è sempre un incontro spazio-temporale preciso, in cui ci troviamo di fronte a delle epifanie sacre. È come se l’artista creasse un recinto, un tèmenos, nell’accezione della grecità antica, dove nessuno è, tuttavia, il legame con la fede.
I suoi sono teatri delle cose, di cui Scabar è stato regista perfezionista e severo, prima di tutto con sé stesso. Nulla poteva sfuggire dal suo controllo. Sono come dei tableaux- vivants, che rimandano a certa tradizione storico-fotografica vittoriana.
Quella di Scabar è intelligenza della forma, che viene esaltata attraverso l’utilizzo di una luce uniforme, di provenienza indefinita. Ognuno dei suoi lavori è una possibile risposta a dei quesiti, in essi è la forza del dubbio sul senso delle cose, sull’esistenza, sullo stesso fare arte. Fotografie legate al tempo, alla memoria: in esse la dimensione estetica è sicuramente mezzo ma non fine ultimo.
In questa mostra sono anche alcune opere metafotografiche, il suo è un ragionamento puntuale sul senso del linguaggio utilizzato, in un momento come il nostro nel quale la produzione di immagini è a portata di chiunque per qualsiasi scopo.
Uploaded on 20/01/2024