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Secondo Digital Energy Report: in Italia solo il 5% dei 353 progetti per la gestione sostenibile dell'energia sfrutta le tecnologie digitali

Energy & Strategy Group – School of Management Politecnico Milano

Secondo Digital Energy Report: in Italia solo il 5% dei 353 progetti

per la gestione sostenibile dell’energia sfrutta le tecnologie digitali 

Vittorio Chiesa: “Gli interventi sono cresciuti, soprattutto quelli di privati e imprese, ma occorre che siano integrati e gestiti da ‘cabine di regia’ aperte anche a Università e centri di ricerca, se si vuole fornire un servizio al cittadino e migliorare la vita nelle città.

Inoltre, la normativa dovrebbe favorire gli investimen­ti nel digitale, come è stato fatto nel settore indu­striale con il Piano Industria 4.0”.

I nuovi trend: le applicazioni in ambito energetico della blockchain e dei big data and analytics

 

Milano, 14 febbraio 2019 - In Italia, su 353 progetti legati alla gestione sostenibile dell’e­nergia e messi in campo nelle prime 15 città smart (Milano, Bologna, Venezia, Firenze, Torino, Padova, Bergamo, Vicenza, Reggio Emilia, Trieste, Modena, Ravenna, Rimini, Trento e Genova), solo il 5% sfrutta appie­no le tecnologie digitali e nemmeno quelle di ultima generazione. In genere, nel campo dell’energia sono ancora preponderanti i progetti dove il digitale quasi non viene usato o ha un impiego di base, legato alla connetti­vità o alla disponibilità di informazioni. Allo stesso modo, arrivano appena a 47 milioni di euro gli investimenti in progetti digi­tali che hanno a che vedere con l’uso smart dell’energia, nella maggior par­te dei casi gestiti con “cabine di regia” troppo ristrette che faticano a integrare tutti gli attori pubblici e privati del sistema.

E’ un quadro dunque con molte ombre quello delineato dalla seconda edizione del Digital Energy Report - redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano con la collaborazione di numerose aziende partner e presentato questa mattina - a cui si affianca però qualche spiraglio di luce.

“C’è stata una crescita importante, soprattutto nell’ultimo triennio, del numero di pro­getti di digital energy a livello di città - commenta Vittorio Chiesa, Direttore responsabile dell’Energy&Strategy Group -, con una maggiore attenzione alla varie­tà degli ambiti contemporaneamente interessati, dal living alla mobility all’environment, e un aumento ancora più sostenuto degli investimenti da parte dei privati sulle tecnologie, con un primo ti­mido affacciarsi di esperimenti di com­munity. Una crescita che ha riguardato anche gli esempi di applicazione di tecnologie digitali di seconda generazione, dalla blockchain ai big data & analytics. A volerla vedere in positivo, quindi, vi è un substrato di apparati e infrastrutture che si sta costruendo e che può rap­presentare un punto di svolta, o se vogliamo di partenza, per lo sviluppo della digital energy nelle no­stre città smart”. 

Digital energy e smart city in Italia - Il Digital Energy Report 2018 ha identificato e mappato l’utilizzo delle soluzioni di digital energy all’inter­no delle smart city. Sono tre i filoni lungo i quali è possibile leg­gere la digitalizzazione energetica: living, che ha a che vedere con gli edifici e l’illuminazione pubblica; mobility, che riguarda le soluzioni e le infrastrutture per la mobilità; environment, che riguarda la produzione di energia, le infrastrut­ture di rete e la gestione dei rifiuti.

A ognuno di questi filoni corrispondono una gran­de varietà di soluzioni tecnologiche e possibili configurazioni che si diffe­renziano per livello di digitalizza­zione, grado di com­plessità e focus sui contesti energetici. Dall’incrocio di queste tre dimen­sioni è stato possibile classificare i pro­getti in 15 smart city italiane.

“Le so­luzioni mappate sono quelle che hanno visto un’azione di regia esplicita da parte della città analizzata - spiega Chiesa -. E’ evidente come vi siano mol­to maggiori investimenti in tecnolo­gie per la digital energy da parte dei privati e delle imprese sul territorio. Pur tuttavia, una cosa è dotarsi di soluzioni e tecnologie di digital energy in maniera indipendente e autonoma, al­tro è integrarle con una forma di regia, con l’esplicito obiettivo di offrire un servizio che migliori l’efficienza energetica della comunità. Il quadro che esce non è roseo, ma va interpretato come uno stimolo ad aumentare gli investimenti coor­dinati e a in­tegrare quanto fatto dai privati”.

Ad esempio, ecco i numeri della città di Milano: 43 i progetti attualmente in essere re­lativi al comparto energia, dei quali oltre la metà (55%) in ambito mobility, il 26% living e il 19% environment. Ben il 59% però è sta­to classificato come analogico, cioè senza soluzioni digitali, il 32% come digital-enabled (cioè con la tecnologia come elemento abilitatore) e solo il 9% come vera soluzione digital. Non è dunque possibile definire Milano una città evoluta digitalmente, tuttavia ha intrapre­so dal 2012 un percorso di digitalizzazione e sta introducendo a poco a poco una se­rie di servizi che vedono il fattore di­gitale più come abilitatore che come elemento chiave per la sua fruizione. In più, nella maggior parte dei progetti il Comune di Milano ha un ruolo centrale di pro­motore e sponsor delle iniziative.

Se si solleva lo sguardo a livello Paese, in Italia sono stati mappati 353 proget­ti in essere relativi al com­parto energia, di cui il 28% in ambito envi­ronment, il 40% mobility e il 32% living. Di essi, ben il 74% è analogico, cioè senza soluzioni digitali, il 21% è digital-enabled e appena il 5% è veramente digitale. Si conferma dunque il trend che vede i progetti analogici come preponderanti, ma la presenza seppur minoritaria delle altre due categorie lascia ben sperare per il futuro.  

Vi sono differenze, tuttavia, che vale la pena sottolineare tra le diverse realtà: le grandi città presentano po­chi progetti digital, generalmente sotto il 10%, ma quelli digital-enabled sono il doppio o il triplo. Ciò potrebbe indicare che città come Milano, Firenze e Torino, ma anche Modena, Rimini o Reg­gio Emilia tra le piccole, stanno educando gradualmente i cittadini in modo da implementare in futuro soluzioni maggiormente digitali. Altre grandi città invece hanno adottato strategie di sviluppo differen­ti: Bologna ha puntato fortemente su soluzioni integrate che coprissero sia la mobilità che il living e l’environment, che è l’approccio preferibile perché il più efficace.

Al contrario, To­rino e Padova si sono focalizzate quasi soltanto su uno dei tre filoni, mentre Milano e Genova hanno scelto un approccio ibrido, impegnandosi maggiormente in un ambito senza dimenticare gli altri due. Le città più piccole hanno sviluppato molti meno progetti rispetto alle grandi ma hanno coperto general­mente almeno due dei tre aspetti.

Poche città, tra cui Milano, Bologna, Bergamo e Rimini, hanno avviato soluzioni di efficientamento dell’illuminazione pubblica e monitoraggio da remoto, in alcuni casi unite all’utilizzo di rilevatori di presenza per una migliore ottimizzazione. Circa la metà delle realtà analizzate è partita dalla mobilità prima di affrontare gli altri filoni; come controprova, in ambito environment le poche soluzioni attuate sono ancora analo­giche e gli unici progetti digital-enabled riguardano la gestione dei rifiuti, con cassonetti intelligenti che hanno cominciato a diffondersi negli ultimi anni.

Le “cabina di regia” - Ogni progetto è stato realizzato con la collaborazione di numerosi enti, vale quindi la pena di analizzare come ha funzionato la “ca­bina di regia”, ossia l’insieme degli attori che hanno definito e imple­mentato i progetti e i ruoli che hanno assunto. E’ stato possibile estrapolare tre differenti modelli. Il primo è caratterizzato dalla collaborazione tra enti pubbli­ci e aziende private sia nella definizione che nell’implementazione, come nel caso dei progetti Gestione info Mobilità (GiM) a Mila­no, Venezia, Firenze e Reggio E­milia, Piattaforma Traffi­co a Firenze e Rimini, Isole Digitali a Milano e Sistema di na­vigazione della rete infrastruttura­le del TPL a Modena.

Il secondo vede la col­laborazione tra enti pubblici, aziende pubbliche e private, come nel caso di S.I.MO. NE. (Sistema Innovativo di gestione della Mobilità per le aree metropoli­taNE) a Bologna, Tori­no e Genova ed il Portale alert Mobilità a Milano. Il terzo unisce enti pubblici, aziende, aziende no-profit, università e istitu­ti di ricerca, come nei progetti Isola Digitale a Bergamo, REGAL a Vicenza, Smart Ligh­ting 4 smart digital city e QROWD a Trento, MOV-e a Genova, Smart City Test Plan a Bologna e Cassonet­ti Intelligenti a Milano.

Gli investimenti - Gli investimenti complessivi dei pro­getti mappati ammontano a poco più di 47 milioni di euro, il 52% in ambito environment, mentre il mobiity pesa per il 30% e il living appena per il 18. Il confronto tra la ridotta disponibilità di fondi pubblici stanziati e le attività di investi­mento che invece i privati stanno portan­do avanti su soluzioni e tecnologie abilitanti la digital energy in ambi­to urbano è veramente impietoso.

Dunque, se si amplia l’orizzonte di analisi anche a ciò che sta accadendo nel settore privato, e non solamente in quello pubblico, si può notare come gli investimenti in ambito energetico siano in crescita, benché legati ancora a soluzioni analogiche più che digitali. “L’amministrazione pubblica dovrebbe porsi in questo ampio scenario come un faro capace di sviluppare e for­nire una guida a livello di organizza­zione complessiva - conclude Chiesa -, ad esempio identificando un’appropriata normativa che spinga gli investimen­ti privati verso tecnologie digitali, come è stato fatto nel settore indu­striale con il Piano Industria 4.0. Inoltre, dovrebbe identificare una cabina di regia replicabile ed effica­cie composta non solo dal Comune o dalla Provin­cia sede del progetto ma anche da aziende private, università, centri di ricerca, così da orientare verso soluzioni sempre più digitali”.

Le soluzioni di digital energy emer­genti per le smart city - Lo sviluppo delle Smart City è legato a quello delle tecnologie digitali: quali sono i trend di maggiore rilievo e quali impatti potranno avere in futuro? La parte finale dell’Osservatorio fornisce una vi­sione d’insieme delle principali soluzioni digital applicate al settore dell’energia, in particolare quelle legate alla blockchain e ai big data and analytics.

Blockchain - La blockchain è una tecnologia che permette la gestio­ne di transazioni condivise tra più nodi di una rete senza il bisogno di intermediari. In ambito energetico, i principali van­taggi includono la sicurezza, la decentraliz­zazione, la trasparenza, l’efficienza e la velocità: attraverso gli smart con­tract (programmi che registrano i termini di un accordo di transazione tra due o più par­ti all’interno di righe di codice de­positate nella blockchain) viene attivato il pagamento in tempo reale, eliminando i costi relativi alla fatturazione e ai mancati pagamenti.

Nel Rapporto si sono considerati i vari tipi di blockchain, “permissionless”, “per­missioned” e ibride, sulla base della tipologia di accesso (aperta o chiusa) e di controllo (centralizzato o diffu­so). Sono quindi sta­te mappate in ambito energy le varie applicazio­ni in base ai filoni di riferimento.

Living: si potrebbero utilizzare criptovalute basate sulla blockchain per effettuare il pagamento dell’energia consuma­ta. I benefici per le utility includerebbero la riduzione dei tempi di fatturazione, del capitale circolante e dei mancati pa­gamenti (così come dei relativi costi di recu­pero crediti). Si ipotizzano anche alcuni vantaggi per gli utenti finali: tramite microgrid private, ad oggi non abilitate a livello di normativa, potrebbero utilizzare gli smart con­tract per fatturare l’erogazione.

Mobility: la blockchain potrebbe contribuire alla diminuzione dell’impatto negativo della mobilità elettrica sulla rete di trasmissione e distribuzione elettri­ca, abilitando anche la ricarica V2G/V2X.

Environment: la tecnologia blockchain potrebbe facilitare lo sviluppo di piattaforme decentralizzate per la vendita   di commodity energetiche, incentivare la pro­duzione di energia da fonti rin­novabili, automatizzare il pro­cesso di emissione dei certificati verdi, facilitare la vendita di energia elettrica P2P e la creazione di microgrid. Infine, una volta superate le li­mitazioni normative, favorirà l’aumento del numero di soggetti abilitati a fornire servizi legati alla flessibilità grazie all’aggregazione di impianti e/o microgrid in Virtual Power Plants.

Big data and Analytics - Le città sono una fonte inesauribile di dati e informazioni. Il punto di partenza per le smart city sta proprio nella consapevolez­za di disporre di un patrimonio che acquista valore se si ha la capacità di analizzarlo: dati generati in modo consapevole e altri “inconsape­voli”, dati pubblici e privati, dati finalizzati a un obiettivo o alla conoscenza del territorio. Il tutto genera un flusso di informazio­ni che permette di legge­re sempre più in dettaglio come vie­ne vissuta la città e fornire servizi ai cittadini.

Per diventare smart, le città de­vono impegnarsi su tre livel­li, che definiscono l’architet­tura smart city in ambito dati: apparati fisici, cioè contato­ri, sensori, rete di trasmissione; gestione ed elaborazione del dato (big data, analytics, piattaforme); utilizzo del dato elaborato per la fruizione di servizi connessi alla città.

Esistono tuttavia diverse criticità le­gate alla raccolta e all’utilizzo dei dati resi disponibili dai sensori, così come all’interoperabilità delle informazioni, alla standardizzazione dei processi di reperimento e alla velocità necessaria alla fruizione in real time, alla privacy e all’accessibilità dei dati ai provider di servizi. Perché cittadini e aziende possano godere a pieno dei benefici, è opportuno che i dati raccolti siano accessibili e resi disponibili a tutti gli utilizza­tori, in modalità open data.

Dopo aver analizzato le caratteristiche delle tecnologie big data e analytics, sono state mappate le seguenti ap­plicazioni specifiche all’ambito ener­gy.

Living: il consumo domestico e aziendale di elettricità potreb­be essere ridotto considerevol­mente con l’utilizzo di data platform, incentivando l’a­dozione di comportamenti più consapevoli da parte dei resi­denti e aumentando l’efficien­za energetica delle aziende.

Mobility: il crescen­te sviluppo delle data platform impatterà notevolmente sulla mobilità cittadina. Lo smart street lighting, ovvero l’in­stallazione di “pali smart” con sen­sori per il monitoraggio ambienta­le, la gestione del flusso luminoso, il rilevamento del traffico veicolare/pedonale, offre informazioni ri­guardo a condizioni meteo, ana­lisi ambientali, traffico, situazioni critiche, videosorveglianza, disponibilità di parcheggi, internet access point. Grazie alle piattaforme Internet of Things (IoT) i dati raccolti dai sensori permetteranno di proporre ai cittadini una gamma sempre più ampia di servizi, regolare in tempo reale il flusso luminoso ero­gato dai lampioni, promuovere l’utilizzo del trasporto pubblico locale riducendone tempi e costi. Si faciliterà lo sviluppo di tecnologie di autonomous driving, aumentando la sicurezza stradale.

Environment: considerando le fon­ti rinnovabili variabili e intermit­tenti, l’adozione di data platform aumenterà l’effi­cienza di produzione degli impianti fotovoltaici ed eolici. Il bilanciamento delle microgrid sarà reso più efficiente, permettendo di raggiungere livelli più elevati di au­tosufficienza energetica. Inoltre, le piattaforme dati consentiranno di individuare agevolmente perdite idriche e intervenire prontamente, rendere più efficiente la raccolta dei rifiuti urbani e supportare lo sviluppo di smart district, quartieri a basso impatto ambientale.

Il Rapporto si conclude descrivendo le principa­li tecnologie digitali, le loro funzionalità e i motivi di successo e insuccesso, in particolare nel settore ener­gia, applicabili alla dimensione smart city/smart community o a quella di nuovi servizi messi sul mercato dalle imprese. Molte sono già disponibili oppure in fase avanzata di progettazione, ma restano numerose sfide da fronteggiare per per­metterne una implementazione più diffusa, prime fra tutte il blocco normativo derivato da una legislazione frammen­taria e non dedicata, come avvie­ne invece con il Piano Industria 4.0, e la marcata difficoltà nella condivisione dei dati e nell’allineamento degli investimen­ti, pubblici e privati.

 

Ufficio stampa School of Management Politecnico di Milano: d'I comunicazione

Marco Puelli, email mp@dicomunicazione.it, mobile 320 1144691

Stefania Vicentini, email sv@dicomunicazione.it, 335 5613180

Caricato il 14/02/2019

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