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ANVUR - RAPPORTO BIENNALE SULLO STATO DEL SISTEMA UNIVERSITARIO E DELLA RICERCA

 

ANVUR - RAPPORTO BIENNALE SULLO STATO DEL SISTEMA UNIVERSITARIO E DELLA RICERCA

Crescono il numero dei laureati (+2,7% nell’ultimo triennio, nella fascia 25-24 anni) e il tasso di occupazione dei giovani laureati (+4,3%).

Persistono vari elementi di forza del sistema universitario e si consolidano i segnali di miglioramento già rilevati due anni fa; si attenuano, ma non scompaiono, alcune difficoltà allora segnalate.

Miccoli (Presidente): “Fondamentale affrontare il tema delle risorse”.

 

Roma, 12 luglio 2018 - 91 atenei, di cui 61 statali e 30 non statali, 6 Scuole Superiori a Ordinamento Speciale e 14 Scuole Superiori interne alle università, oltre alle università cattoliche che fanno parte del Sistema degli Studi Superiori della Santa Sede e le filiazioni delle Università straniere in Italia. Questo lo stato dell’arte del sistema universitario italiano, che nell’anno accademico 2017/2018 contava 1.690.982 studenti iscritti - di cui il 90% negli atenei statali - e ha prodotto 4.654 corsi attivi. È la fotografia scattata dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) attraverso il Rapporto Biennale sullo Stato del Sistema Universitario e della Ricerca, che monitora e analizza l’attività del sistema universitario italiano. L’edizione 2018 del Rapporto è stata presentata oggi a Roma nel corso di un evento che si è tenuto oggi all’Auditorium Antonianum di Roma, alla presenza del Sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti e, per ANVUR, del Presidente Paolo Miccoli e del Direttore, Sandro Momigliano.

“Nel decennio in corso la gran parte del sistema universitario e della ricerca ha aderito con convinzione a regole e procedure incisive e trasparenti di autovalutazione e valutazione, ha dichiarato il direttore dell’ANVUR, Sandro Momigliano. I risultati positivi delle innovazioni introdotte stanno lentamente emergendo. Questo terzo Rapporto Biennale dell’Agenzia fotografa la persistenza di alcuni storici elementi di forza del sistema, il generale consolidamento dei segnali di miglioramento già rilevati due anni fa e l’attenuazione, ma non la scomparsa, di molte delle difficoltà allora segnalate”.

Lo scenario - Alla flessione delle immatricolazioni legata alla crisi economica, è seguito un progressivo recupero. Nel 2017/18 si sono infatti immatricolati 291mila studenti, registrando un incremento di 22mila unità (+8,2%) rispetto al punto minimo toccato nel 2013/14.  Nonostante il calo demografico, si è tornati sul livello registrato nel 2008/09. La quota di immatricolati di nazionalità straniera è in crescita, ma molto bassa nel confronto internazionale.

La maggiore regolarità e minore dispersione nei percorsi di studio ha innalzato la percentuale di laureati sulla popolazione: nell’ultimo triennio l’aumento è stato pari a 2,7 punti tra i 25-34enni, riducendo il divario rispetto alla media europea di un punto percentuale; permane tuttavia un ampio ritardo, pari a 12,1 punti percentuali nel 2017. Se si restringe l’analisi ai cicli universitari di II livello (per l’Italia, magistrali o di vecchio ordinamento), la quota di laureati in rapporto alla popolazione già nel 2016 è prossima alla media europea e superiore al Regno Unito e alla Germania.

Incremento del numero dei laureati dal 2012 al 2017, al netto degli atenei telematici (valori percentuali)

  

In un mercato del lavoro che rimane difficile, la performance dei laureati è andata migliorando negli ultimi anni, sia in termini assoluti sia rispetto ai diplomati. Il tasso di occupazione dei giovani laureati (25-34 anni) è salito dal 61,9% del 2014 al 66,2% del 2017. Negli stessi anni, quello dei diplomati è rimasto sostanzialmente stabile e inferiore al 64%. Dal picco del 2014 (17,7%), il tasso di disoccupazione dei giovani laureati è sceso ogni anno, fino al 13,7% nel 2017, livello inferiore di 2 punti percentuali a quello dei giovani diplomati (nel 2010 il divario era di segno inverso e pari a 3 punti).

Il posizionamento internazionale della ricerca dei docenti e ricercatori italiani è storicamente buono e risulta in progressivo miglioramento negli ultimi anni. La quota del totale delle pubblicazioni scientifiche italiane censite nelle banche dati internazionali è aumentata ulteriormente negli ultimi anni, a fronte di una sostanziale stabilità dell’Europa nel suo complesso. Nel dettaglio, la quota italiana nel periodo 2015-2016 ha raggiunto il 3,9% della produzione mondiale (rispetto al 3,4 del periodo 2001-2005). Rapportando le pubblicazioni censite alle risorse dedicate (umane o finanziarie), l’Italia si colloca ai massimi livelli nel confronto internazionale.  Tuttavia, l’accesso del sistema italiano ai finanziamenti europei è ancora insufficiente. Così come è accaduto per le attività di ricerca, negli ultimi anni gli atenei italiani hanno mostrato una graduale convergenza verso standard più elevati nella didattica.

Infine, le attività di terza missione - le attività di relazione e sviluppo del territorio in cui sono presenti gli istituti, per le quali manca ancora una puntuale rilevazione annuale - risultano in crescita. Le università sono più aperte rispetto al passato verso il mondo esterno; con gli enti pubblici di ricerca, operano in modo maggiormente strutturato a favore del trasferimento tecnologico e, più in generale, della conoscenza, contribuendo allo sviluppo economico e sociale del territorio.

Le risorse per il sistema universitario - Quello della formazione terziaria rappresenta un settore cruciale per il futuro del nostro Paese, caratterizzato però da una spesa che in rapporto al prodotto interno lordo pari a meno di due terzi di quella media dei paesi OCSE (0,96% rispetto all’1,55%). Un divario che si è ampliato nell’ultimo ventennio a causa della forte riduzione del contributo pubblico. Differenze ancora più ampie rispetto agli altri paesi si registrano se si considera la spesa del settore pubblico in Ricerca e Sviluppo. Rispetto alla composizione della spesa, se la quota a carico del settore pubblico in Italia è oramai stabilmente inferiore alla media dei paesi dell’area OCSE, quella sostenuta direttamente dalle famiglie, pari al 27%, è più alta di oltre 5 punti percentuali.

Nel 2017 le risorse complessive per il sistema universitario sono state pari a 7.405 milioni. Rispetto al punto minimo raggiunto nel 2015, nell’ultimo biennio c’è stato un incremento complessivo del 2% e un ulteriore aumento, del 4,6%, è programmato per il 2018. Le entrate complessive delle università statali sono state nel 2015 pari a 12,3 miliardi di euro, superiori dello 0,4% rispetto al 2014, ma ancora inferiori del 9,3% rispetto al massimo raggiunto nel 2008 (senza tener conto dell’inflazione). Si registra la netta riduzione della quota coperta dai trasferimenti del MIUR (dal 74,1% del 2000 al 61,6% del 2015), a favore delle entrate contributive (dal 10,8 al 15,0%) e di quelle “finalizzate da altri soggetti” (dal 10,1% al 17,4%).

Il finanziamento della ricerca in Italia - La quota del PIL italiano dedicata alla Ricerca e Sviluppo nel triennio 2014-2016 evidenzia un lieve incremento rispetto al triennio precedente, in linea con la tendenza registrata negli anni precedenti e con la dinamica a livello europeo e OCSE. Rimane quindi sostanzialmente invariato l’ampio divario rispetto ai più elevati valori dei nostri riferimenti internazionali. In particolare, la spesa italiana, pari all’1,32% del PIL, si colloca al 15° posto rispetto ai 20 paesi considerati, a fronte del 2,36% per la media dei paesi OCSE e dell’1,95% per la media dei paesi UE per i quali i dati sono disponibili. A livello regionale, si conferma un forte divario tra regioni del Centro-Nord e regioni del Sud e delle Isole. Le regioni del Centro-Nord presentano valori di spesa pari o superiori alla media italiana, con la sola regione Pie- monte che raggiunge livelli pari a quella della media europea

‘’L’introduzione del sistema di valutazione della ricerca, della didattica e della terza missione ha comportato un sostanziale miglioramento di università ed enti, facendone un unicum nelle Amministrazioni Pubbliche. Questo rapporto dell’agenzia fotografa la persistenza di alcuni storici elementi di forza del sistema, ma conferma la permanenza di alcune difficoltà già segnalate in passato. Ritorniamo a sollecitare una riflessione sull’ammontare delle risorse pubbliche da dedicare alla formazione terziaria e alla ricerca che, pur essendo settori cruciali per lo sviluppo del nostro Paese, sono finanziate a livelli stabilmente inferiori alla media OCSE ed europea” ha dichiarato Paolo Miccoli, presidente dell’ANVUR. Le sfide che ci aspettano sono numerose: crescita del numero dei laureati, potenziamento del corpo docente, innovazione della didattica, incremento dell’offerta formativa professionalizzante, sostegno pubblico più ampio al diritto allo studio, per citarne alcune. Sono sfide cruciali, che vanno però affrontate con risorse adeguate.’’

Spesa annuale per studente nell’istruzione terziaria. Anno 2014 (dollari USA a parità potere d’acquisto PPA, per studente equivalente a tempo pieno)

  

 

 

 
ANVUR - L'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (in acronimo ANVUR) è un ente pubblico della Repubblica Italiana, vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR). L'ente, istituito nel 2006 con sede a Roma, si occupa della valutazione dell'attività delle università in Italia. Dal gennaio 2018 presidente dell’Anvur è il professor Paolo Miccoli.

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Caricato il 17/07/2018

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