Quibee

Il Web Summit raccontato da una startupper al settimo mese di gravidanza

Avere un figlio in grembo è un po’ come progettare una startup. È ciò che ho pensato camminando tra gli stand e la folla della grande fiera di Lisbona dove le idee vengono concepite e condivise

testo di Martina Galleri, co-founder di Quibee

Si è da poco concluso il Web Summit 2016 a Lisbona e mi preparo, insieme a tutto il team di Quibee, a tornare a casa, piena dell’entusiasmo e dell’ottimismo che una fiera sull’innovazione e sulle tecnologie come questa può lasciare. La versione portoghese, si è presentata ancora più ricca di quella precedente forte di un maggior numero di visitatori, startup e centinaia di conferenze.

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Il fascino del Web Summit è fatto dall’atmosfera giovane e vitale, dagli incontri con chi, come te, vive di pane e tecnologia, dallo sharing di idee e possibili incontri con persone che potrebbero cambiare la tua vita professionale dall’oggi al domani (ma anche da alcuni errori di gioventù come ad esempio il wifi a singhiozzo che per noi nerd è peggio dell’influenza, la rapidità con cui appaiono e scompaiono le startup all’interno dei vari booth ma, soprattutto, l’enorme ressa di persone).

In pochi giorni, abbiamo incontrato investitori, ottenuto contatti con aziende e stretto la mano a possibili partner.

Il tutto intervallato da eventi e conferenze sul mondo digitale a 360°.
Niente male per soli quattro giorni di “fiera”.
Quest’anno, per la prima volta il nostro team si è presentato ad un evento importante al completo… quattro persone…e mezzo.
Si perché quest’anno per Lisbona non sono partita da sola, ma in compagnia di un piccolo mezzo startupper che nascerà a febbraio.

In molti mi hanno chiesto se non fosse troppo faticoso per una ragazza al settimo mese di gravidanza destreggiarsi quattro interi giorni tra pitch, code infinite per il bagno (elemento da non sottovalutare quando sei in dolce attesa) e lunghe giornate in fiera di networking.

Il Web Summit ha accolto quest’anno circa 50mila visitatori e circa 300 startup si sono presentate al mondo in cerca di investitori o nuovi clienti. Un’occasione troppo importante da lasciar perdere, soprattutto dopo essere stati invitati e selezionati con Quibee come una delle 200 migliori startup mondiali.

Ma la fatica e la stanchezza non si sentono troppo quando realizzi che nella vita stai facendo quello che ti sei prefissata da sempre, nonostante le difficoltà che i giovani come noi possono trovare, soprattutto in Italia, quando ci si appresta a fondare un’azienda o un qualcosa di proprio. E il Web Summit, sotto questo punto di vista, è una garanzia: se hai voglia di fare e un progetto preciso in testa non hai scuse. Le porte li si aprono davvero.

In aeroporto, mentre aspettiamo stanchi l’aereo che ci riporta a casa, rifletto su questo e sulla mia particolare situazione:  la mia gravidanza può essere una perfetta metafora di quello che sono le fasi e i processi che portano un’idea a trasformarsi in qualcosa di concreto. Dal momento in cui il pensiero viene concepito, il progetto comincia a poco a poco a prendere forma. Una prima fase di incubazione permette di definire se la nostra idea ha potenzialità per vivere fuori dal nostro grembo e farsi spazio nel mondo dei “grandi”.

Occorre il tempo necessario, esattamente come nella gestazione di una donna, per sviluppare le basi e permettere al nostro piccolo di essere forte e farcela da solo: un business plan studiato ad hoc, un flow time sensato, la prototipazione del progetto. Il tutto per arrivare finalmente al parto della tanto sognata “beta” e, perché no, del suo lancio nella società, magari a una fiera importante come quella di Lisbona.

Da lì in poi in realtà comincia il lavoro duro, ma questa è tutta un’altra storia. Oggi dall’esperienza Web Summit torno a casa con una buona rete di contatti, con la voglia di lanciare Quibeeverso l’alto e la consapevolezza che, la voglia di fare, un team giusto di lavoro e le buone occasioni come queste posso aprire qualunque portone.

Dall’esperienza della gravidanza in fiera invece, porto a casa il valore dell’attesa, della responsabilità e della scelta. Valori che, in questo mondo pieno dì opportunità, mi hanno permesso di lasciare l’ordinario e il sicuro per qualcosa di incerto ma sicuramente più soddisfacente.
La possibilità di una scelta che spero di poter insegnare e trasmettere a questo piccolo, forse, mezzo startupper che verrà al mondo.

Caricato il 17/11/2016

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