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In Italia è il momento dello Smart Working, ma attenzione all'"effetto moda"

School of Management – Politecnico di Milano

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COMUNICATO STAMPA

Osservatorio Smart Working

IN ITALIA È IL MOMENTO DELLO SMART WORKING, MA ATTENZIONE ALL'”EFFETTO MODA”

Nel 2015 il 17% delle grandi imprese ha in atto progetti strutturati di Smart Working (era l'8% nel 2014). E un'impresa su due ha adottato iniziative tese a creare maggiore flessibilità, come policy su orari e spazi di lavoro, dotazione tecnologica a supporto, revisione del layout degli uffici o interventi sugli stili di leadership.

Gli strumenti tecnologici più usati per abilitare lo Smart Working sono device mobili e i sistemi di social collaboration. Tra le funzioni aziendali più predisposte ad avviare sperimentazioni e progetti pilota spiccano le direzione ICT, ma anche gli acquisti e l'amministrazione. Per fare davvero Smart Working però bisogna ripensare nel profondo cultura e modelli organizzativi.

Cresce l'interesse per il coworking anche per le grandi aziende: già 349 gli spazi in Italia. Scambio di conoscenza e riduzione costi tra i benefici rilevati dai manager, ma resta il timore sulla sicurezza dei dati.

ABB Italia, Banca Intesa Sanpaolo, BNL – Gruppo BNP Paribas, L'Oréal Italia e Siemens sono i finalisti dello Smart Working Award 2015.



Milano, 20 ottobre 2015 - Lo Smart Working prende piede in Italia. Nonostante l'assenza di evoluzioni normative – neanche all'interno del Jobs Act – si moltiplicano i progetti delle imprese che provano ripensare il lavoro in un'ottica intelligente, mettendo in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.

Nel 2015 il 17% delle grandi imprese italiane ha già avviato dei progetti organici di Smart Working, introducendo in modo strutturato nuovi strumenti digitali, policy organizzative, comportamenti manageriali e nuovi layout fisici degli spazi (lo scorso anno erano l'8%). A queste si aggiunge il 14% di grandi imprese in fase “esplorativa”, che si apprestano cioè ad avviare progetti in futuro, e un altro 17% che ha avviato iniziative puntuali di flessibilità solo per particolari profili, ruoli o esigenze delle persone. Quasi una grande impresa su due, quindi, sta andando in modo strutturato o informale questo nuovo approccio all’organizzazione del lavoro.

L’analisi critica delle tante iniziative in atto consente oggi di delineare pratiche e linee guida di Smart Working nell’ambito dei vincoli e degli spazi di manovra concessi dalla normativa esistente.

Tra le PMI, però, la diffusione risulta ancora molto limitata: solo il 5% ha già avviato un progetto strutturato di Smart Working, il 9% ha introdotto informalmente logiche di flessibilità e autonomia, oltre una su due non conosce ancora questo approccio o non si dichiara interessata.

Parallelamente, si diffondono fenomeni che riprendono ed estendono i principi dello Smart Working anche fuori dall'impresa. Su tutti, il coworking, di cui si contano 349 spazi in Italia, 88 nella sola Milano1: strutture che offrono luoghi flessibili on demand e un’esperienza di lavoro “Smart”, rivolgendosi ormai non solo a liberi professionisti, startup e microimprese, ma anche alle aziende più grandi, con il 71% dei manager che li ritiene un’opportunità anche per organizzazioni strutturate.

Sono alcuni risultati della ricerca dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net)*, realizzata attraverso un’analisi empirica e il confronto diretto con oltre 240 organizzazioni pubbliche e private in Italia, che è stata presentata questa mattina al convegno dal titolo “Smart Working: scopriamo le carte!” alla sala conferenze del Centro Servizi della Banca Popolare di Milano.

La ricerca dimostra come lo Smart Working si stia diffondendo in Italia: molte organizzazioni nell'ultimo anno hanno iniziato ad interessarsi e adottare questo approccio, con un effetto positivo su persone, aziende e società, soprattutto grazie all'opportunità di ripensare stili manageriali e modalità di gestione ormai superati – dice Mariano Corso, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working -. Le organizzazioni devono però evitare l’errore di farsi trascinare dall’effetto moda, introducendo un cambiamento solo superficiale, senza cogliere l'opportunità di ripensare profondamente cultura e modelli organizzativi per liberare nuove energie dalle persone. Fare davvero Smart Working, cioè, è un percorso lungo e profondo di continua evoluzione. Significa andare oltre l’introduzione di singoli strumenti e creare un’organizzazione orientata ai risultati, fondata su fiducia, responsabilizzazione, flessibilità e collaborazione”.

Per introdurre lo Smart Working in un'organizzazione – spiega Fiorella Crespi, Direttore dell'Osservatorio Smart Working - è necessario considerare innanzitutto le proprie specificità interne e cercare una coerenza con gli obiettivi e la strategia di business, per poi trovare equilibri che vanno incontro alle esigenze e alle aspirazioni delle persone, sfruttando al meglio le opportunità dei nuovi strumenti digitali. Servono la condivisione dei lavoratori rispetto a strategia, valori, obiettivi e performance, un nuovo approccio dei manager, da “controllori” a leader degli obiettivi, il supporto alle persone per decidere autonomamente le modalità̀ con cui svolgere le proprie attività̀. Le organizzazioni che hanno intrapreso questo cammino sono sempre di più̀, ma non esiste un'unica ricetta per tutti: il percorso deve tenere considerare i reali obiettivi e i diversi punti di partenza”.

1Fonte: Coworking Italia (Dicembre 2014)



Le iniziative per rendere il lavoro “Smart”

Lo strumento di gran lunga più diffuso tra le imprese italiane che hanno introdotto una qualche iniziativa di lavoro “smart” sono i device mobili - come PC portatili, tablet o smartphone - che consentono di lavorare anche fuori dalla postazione, sia all’interno che all’esterno della sede aziendale: sono già presenti nel 91% delle grandi imprese (e nel 49% delle PMI). Ma ampiamente diffusa è anche la flessibilità di orario, presente nell'82% delle grandi organizzazioni e nel 44% delle PMI. E poi la social collaboration (social nework, forum/blog, sistemi di chat o instant messaging, web conference, sistemi di condivisione dei documenti), attivata già dal 77% di grandi imprese e dal 34% di PMI. Meno della metà delle grandi imprese e un quarto delle PMI invece ha introdotto forme di flessibilità di luogo di lavoro, mentre solo il 20% delle grandi organizzazioni e il 22% delle PMI, ha introdotto innovazioni nel layout fisico degli spazi di lavoro, indubbiamente la leva meno utilizzata.



Sebbene le persone lavorino sempre più̀ in mobilità - il 31,4% dei lavoratori che trascorre già più̀ della metà del suo tempo lontano dalla postazione di lavoro per muoversi sia all’interno sia che all’esterno della sede aziendale - il cambiamento nei comportamenti non trova ancora corrispondenza in spazi e ambienti in grado di supportare la mobilità.

L’ufficio rimane ancora un luogo chiave dell'attività di lavoro, ma deve trasformarsi ed essere ripensato e progettato ponendo al centro le persone e i loro comportamenti – dice Fiorella Crespi, Direttore dell'Osservatorio Smart Working -. La progettazione di un ambiente in grado di supportare lo Smart Working deve tenere in considerazione diversi aspetti: la differenziazione degli spazi per soddisfare le diverse esigenze delle persone, dagli open space ai locali per comunicare o per collaborare in modo informale, la riconfigurabilità degli ambienti per dimensione e scopo, “abitabilitàper avere un ambiente accogliente, attento al benessere e al comfort, con spazi e servizi per la cura della persona e in grado di soddisfare esigenze professionali, dalla mensa al relax.”



I progetti di Smart Working

Analizzando i progetti di Smart Working già avviati nelle grandi aziende italiane, si scopre che il promotore del progetto è nella quasi totalità dei casi (il 91%) il top management. Mentre i “project leader” delle iniziative si trovano solitamente all’interno delle funzioni HR e IT (rispettivamente nel 71% e nel 37% dei casi). Ma ad essere coinvolte nella gestione del progetto (oltre all'IT stesso) sono spesso anche il Facility management e le rappresentanze sindacali.

I progetti di Smart Working hanno connotazioni molto diverse a seconda del contesto aziendale e delle esigenze, ma in generale solo il 48% delle aziende che dichiarano di fare Smart Working porta avanti iniziative sistematiche su tutte le diverse leve (policy di flessibilità oraria o di luogo di lavoro, strumenti digitali, layout fisici e programmi di formazione tesi a modificare comportamenti e stili di leadership).

Quasi in tutte le aziende sono previsti strumenti digitali (98%) o policy sulla flessibilità di orario (96%), nell'83% dei casi è stata introdotta flessibilità di luogo di lavoro. Minore attenzione viceversa viene data oggi alla formazione sui comportamenti e sugli stili manageriali avviata in modo strutturato soltanto nel 55% del campione. Quest’ultima tuttavia si dimostra a posteriori la leva più̀ critica per il successo dell’iniziativa. Le iniziative meno diffuse, infine, riguardano la revisione del layout fisico degli spazi che, pur richiedendo investimenti spesso rilevante, rappresenta spesso un fattore chiave sia in termini di impatto sui comportamenti che di riduzione dei costi.



Gli Smart Worker

Ogni lavoratore può diventare potenzialmente uno Smart Worker, ma quali lavoratori mostrano oggi un livello di predisposizione maggiore? L'analisi estensiva condotta quest’anno dall'Osservatorio in collaborazione con Doxa, consente di identificare un numero limitato di profili per cui definire un livello di prontezza e beneficio potenziale nonché, in prospettiva, una configurazione adeguata delle leve da utilizzare. Il profilo più promettente da cui iniziare appare quello dei Knowledge Worker: si tratta di coloro che, dedicando una parte significativa del proprio tempo ad attività che richiedono concentrazione, possono godere maggiormente della flessibilità ed autonomia introdotta dallo Smart Working. Seguono i Multitasker, coloro che alternano alle attività di concentrazione quelle di collaborazione e comunicazione in presenza, che grazie alla maggiore flessibilità e all’uso di strumenti e spazi più adeguati possono migliorare produttività ed efficacia del loro lavoro. In terzo luogo i Collaborator (quelli per cui predominano attività collaborative in presenza o attraverso tecnologie digitali). I meno pronti sono Communicator e Contemplator, il cui lavoro prevede in misura preponderante attività di comunicazione diretta o creatività: benché anche per loro si possano identificare configurazione più “Smart” di lavoro, il livello di benefici ottenibili risulta nel breve più contenuto.

Le funzioni aziendali oggi più predisposte a fare da piloti nell’adozione di logiche di Smart Working sono la Direzione ICT, gli Acquisti e l'Amministrazione controllo e finanza. In questi casi la prevalenza di attività facilmente programmabili, spesso individuali, e per le quali è possibile prevedere un’interazione anche da remoto, consente di adottare efficacemente molte delle leve dello Smart Working.



Il connubio tra coworking e Smart Working

Il coworking è un fenomeno che sta diventando sempre più rilevante in Italia, sia per la crescita degli spazi dedicati sia per l'interesse delle imprese, anche di grandi dimensioni: il 71% dei manager ritiene che il coworking sia un’opportunità anche per aziende strutturate (il 31% crede si diffonderà come alternativa al lavoro da casa o da altre sedi aziendali, il 40% che sia un'opportunità ma non è convinto che possa diffondersi). Solo il 16% dei manager lo giudica un fenomeno riservato a start up e professionisti.

La relazione tra sviluppo del coworking e adozione di modelli di lavoro Smart Working appare evidente, eppure ad oggi solo il 36% delle aziende che danno la possibilità̀ di lavorare fuori postazione identifica gli spazi di coworking come una delle possibili alternative. Le principali barriere all’utilizzo del coworking da parte dei dipendenti delle aziende riguardano il timore sulla sicurezza dei dati aziendali (individuato dal 58% degli intervistati) poiché non tutte le organizzazioni sono ad oggi sufficientemente mature da garantire di lavorare fuori ufficio accedendo ai dati aziendali con garanzia di confidenzialità̀ e integrità.

Il 59% dei manager si attende dal coworking in particolare benefici legati ad uno scambio di conoscenza tra chi usufruisce di questa modalità̀ di lavoro, ma sono rilevanti anche la riduzione dei tempi/costi di spostamenti casa-ufficio e la riduzione del senso di isolamento per l'utilizzo eccessivo dell’home working.



Gli Smart Working Award

Per accelerare la diffusione di nuovi modelli di lavoro dando visibilità alle esperienze di successo e i benefici ottenuti, l’Osservatorio ha deciso di attribuire gli “Smart Working Award”. I finalisti dello Smart Working Award 2015, assegnato nel corso del convegno “Smart Working: scopriamo le carte!”, sono ABB Italia per il progetto “Lavoro Agile @ABB”, Banca Intesa Sanpaolo per il progetto “Lavoro Flessibile in Intesa Sanpaolo”, BNL – Gruppo BNP Paribas per il progetto “Smart Bank”, L'Oréal Italia per il progetto “Be Smart! Work Smart!” e Siemens per “Siemens Office”.

I progetti finalisti – spiega Mariano Corso, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working -, pur partendo da esigenze diverse, si caratterizzano per un comune approccio strategico e strutturato dell’iniziativa che ha visto il coinvolgimento di diverse funzioni aziendali. I progetti hanno tutti intrapreso un percorso di avvicinamento allo Smart Working coerente con le proprie caratteristiche ed obiettivi aziendali e che li porterà ad estendere le iniziative in futuro.”

*L'edizione 2015 dell'Osservatorio Smart Working è stata realizzata con il supporto di Arkadin, Citrix, CSC, Doxa, Methodos, Plantronics, Sedus, Telecom Italia | TIM, VMware; R1 e con il patrocinio di Manageritalia, WOW! Webmagazine.



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La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi management, economia e industrial engineering. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. Nel 2007 ha ricevuto l’accreditamento EQUIS e dal 2009 è nella classifica del Financial Times delle migliori Business School d'Europa; nel Marzo 2013 ha ottenuto il prestigioso accreditamento internazionale da AMBA (Association of MBAs).

Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative: Agenda Digitale, Big Data Analytics & Business Intelligence, Canale ICT, Cloud & ICT as a Service, Cloud per la Pubblica Amministrazione, Digital & M&A, Digital Innovation Academy, eCommerce B2c, eGovernment, Enterprise Application Evolution, eProcurement nella PA, Export, Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Gestione Progettazione e PLM, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT & PMI, ICT Accessibile e Disabilità, ICT nel Real Estate, Information Security & Privacy, Innovazione Digitale in Sanità, Innovazione Digitale nel Retail, Innovazione Digitale nel Turismo, Innovazione Digitale nelle Utility, Internet of Things, Intranet Banche, Mobile B2c Strategy, Mobile Banking, Mobile Economy, Mobile Enterprise, Mobile Payment & Commerce, Multicanalità, New Media & New Internet, Professionisti e Innovazione Digitale, Smart Manufacturing, Smart Working, Startup, Supply Chain Finance.

Caricato il 20/10/2015

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